Ricca di un tessuto storico-sociale di notevole valore,
Castellaneta affonda le sue radici in tempi lontani, risalenti alla preistoria.
Nelle numerose spelonche della gravina e nell’intricato succedersi
di grotte, che si snoda sotto il colle Archinto, l’uomo
preistorico ha trovato un naturale asilo. Ma,
oltre che terra d’insediamenti di civiltà indigene,
Castellaneta è stato sempre un importante crocevia
attraverso il quale sono passati culture, personaggi, idee e
religioni di diverse matrici. Ciascuna presenza ha lasciato una traccia che,
poi, è emersa nel vivere quotidiano, nell’espressione artistica,
nell’architettura civile e sacra, nell’evoluzione linguistica, nella memoria
storica e nella spiritualità
in cui i vari apporti si sono armonizzati, con una
prevalente consistenza della componente greco-bizantina e romana, Anche
attualmente il nostro continua ad essere un paese di transito, in cui le
popolazioni più varie si sono fuse armonicamente, grazie all’innato senso di
ospitalità che ci contraddistingue. Non senza motivo si dice che i Castellani
hanno due cuori: uno per i propri parenti ed uno per gli estranei con cui entrano in contatto ed è
anche per questo motivo che hanno eletto a loro protettore San Nicola che è “amante
dei forestieri”. Questa vena fortemente ricettiva, attraverso la lunga
dimestichezza con la cultura greca, ha permesso alla nostra gente di entrare
in contatto con le suggestioni delle componenti etiche e
socio-economiche di una società
profondamente rispettosa degli dei e della religione. Queste nobili ascendenze
storiche sopravvivono nelle nostre tradizioni religiose, soprattutto nel
rituale dei miti che celebrano l’equinozio di primavera , come simbolo della
rinascita della Natura. Per il Cristianesimo
si trasfor-
ma in sponsale unione della natura divina con quella umana
nella persona di Cristo che si sacrifica per consentire all’uomo di passare dal
peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dal dolore alla gioia.
E’questo lo spirito che anima i riti della Settimana Santa.
e della Pasqua. Preceduti dalla Quaresi-ma che, da alcuni anni, torna ad essere
simboleggiata dalle Quarantane: lugubri fantocci che raffigurano sei donne ed
un uomo, quante sono le settimane della Quaresima. Appesi ad una canna, sospesa
tra due finestre che si fronteggiano, nel centro storico, il fantoccio riferito
ad ogni settimana viene eliminato, appena la settimana è trascorsa. I loro
nomi, secondo l’ordine cronologico, sono: Jène, Pajène, Rubètte, Susànne,
Làzzere, Pàlme e Sànde ed ognuno di questi fantocci rappresenta un mestiere.
Durante il periodo quaresimale vengono organizzate le
Quarantore, istituite nel 1932 da mons.
Potenza (pratica risalente al XVI sec.) per ricordare le quaranta ore trascorse da
Gesù nel sepolcro. In tutte le chiese
parrocchiali del paese, viene esposto all’adorazione dei fedeli Gesù
Sacramentato. Le celebrazioni pasquali cominciano dal Lunedì Santo, ma è molto
seguita dal popolo la messa del Giovedì
che rievoca l’Ultima Cena e la Lavanda
dei piedi. Dopo questa cerimonia, nelle chiese si espone solennemente l’Ostia consacrata su
altari intensamente illuminati,
adorni di fiori e di piatti di grano e legumi,fatti
germogliare al buio, Essi richiamano un antico rito pagano in onore di Adone,
bellissimo dio di origine fenicia,cui i popoli del Medio Oriente offrivano
piatti di semi germogliati al buio per propiziarsi un felice ritorno della
primavera. Gli altari, così ornati,
erroneamente denominati Sepolcri, sono
meta di pellegrinaggio e di preghiera da parte di comuni cittadini e di
fratelli delle varie confraternite. Il Venerdì Santo si celebra la
cosiddetta “Messa sciuscète”, una
paraliturgia durante la quale gli altari vengono spogliati degli arredi sacri,
si coprono le croci e si legano le campane. Da quel momento il loro suono viene
sostituito dalle “tocca tòcche”, battole di legno di forma rettangolare e
terminanti a punta, munite di maniglie metalliche su entrambi i lati,che
vengono agitate ritmicamente. Ad esse si associano “ i tròzzele” costituite da
ruote dentate montate su un perno girevole che producono un rumore fragoroso
nell’attrito con una
lamina flessibile di legno. Con questi strumenti,
confratelli e ragazzi annunciano l’arrivo della processione dei Misteri (
statue rappresentanti l’itinerario figurativo dei misteri dolorosi) che, dopo
la funzione religiosa del Venerdì Santo, esce dalla Cattedrale ed attraversa le
vie del paese, tra ali di folla raccolta nel dolore della Passione. Le statue
sono portate a spalla da devoti incappucciati che camminano scalzi ed indossano
un saio bianco,stretto in vita da un cordone. Dietro le statue si snoda una
doppia fila, la cosiddetta “colonna” di uomini vestiti di nero su camicia
bianca, con guanti neri e una corona di spine sul capo. Anch’essi si alternano,
in gruppi di quatto per volta,
nel trasporto delle statue, lungo i vicoli e i pendii del
centro storico. La Statua dell’Addolorata
è seguita da una doppia fila di donne, con vestito e
velo nero, che si alternano nel portarla a spalla, mentre cantano
struggenti canzoni ispirate alla Passione di Gesù, accompagnate dal suono della
banda cittadina,che riesce a trasmettere il pathos di questa avvincente manifestazione.
Il Sabato Santo, alle prima luci dell’alba, si svolge la
processione di Gesù Morto e dell’Addolorata,
preceduta dal crocifero,a piedi scalzi,che trascina
stancamente il suo carico appesantito, in passato, da una grossa pietra” a
pesère; con lo stesso rituale e la stessa partecipazione commossa delle
“colonne” di uomini e donne ,vestiti di
nero, che si alternano nel portare, a spalla, le statue.
Al rientro della processione, in tutte le chiese si celebra
la messa del Gloria e si sciolgono le campa-
ne, che annunciano la Resurrezione. A quel suono, ancora
oggi,le donne anziane battono con mazze o battipanni in tutti gli angoli della
casa e sotto i letti, pronunciando la formula. “Jìsse,trìste,
(diavolo) ca à trasì Crìste!” Le mamme,in passato,
liberavano dalle fasce i loro piccoli, li coprivano con un vestitino e li
portavano ai piedi dell’altare maggiore,dove erano sepolti gli antenati. Sostenendoli
in piedi, pregavano: “Sepuldùra,sepuldùre, fè scapelè stu criatùre.” Altre
festività che segnano il passaggio
dall’inverno alla primavera sono quelle di San Giuseppe e dell’Annunziata,
durante le quali si celebra il rito del fuoco purificatore, durante il quale si
bruciano, nei falò, rami d’ulivo e sarmenti, provenienti dalla potatura. Da
quei fuochi propiziatori i contadini traggono ancora indicazioni circa
l’andamento dell’annata agraria. Due domeniche dopo Pasqua si svolge la festa
patronale in onore di San Francesco da Paola,con processione del Santo,banda, illuminazione,
orchestra e fuochi pirotecnici.
In questa rappresentazione pubblica di grande effetto
socializzante, è più il popolo che la Chiesa
a gestire la festa, coinvolgendo tutte le componenti della
comunità, poiché è sentita come una manifestazione d’identità collettiva. Il 24
giugno, nel tempo sacro del solstizio d’estate che segna il trionfo del sole e
delle sua energia benefica, si celebra la festa di S. Giovanni, venerato in una
chiesetta che s’affaccia sul burrone. Dal simbolismo solstiziale deriva
l’usanza,molto diffusa, di trarre
presagi nella notte del 24 giugno
ed è legata la tradizione della gioiosa
sagra rionale,organizzata dagli abitanti della contrada Muricello, in cui è
ubicata la chiesa. A mezzo agosto si
conclude, con le vacanze estive, un anno lavorativo. Dopo la raccolta delle
messi,acquista la funzione di ringraziamento la festa dell’Assunta,istituita
dalla Chiesa, in sostituzione della festa pagana delle “Feriae Augusti”. La
sera del 14 agosto si svolge un pio pellegrinaggio, con fiaccolata, verso la chiesa romanica dell’Assunta, sul
ciglio del burrone . Dopo la celebrazione della messa, a cui partecipano molti
emigranti,la festa si conclude con i fuochi artificiali, in sintonia con il
simbolismo della luce. Nel mese di ottobre, al tempo della raccolta degli
ultimi frutti, della vendemmia e della preparazione del vino, i riti precristiani prevedevano una festa
quasi carnascialesca, in onore di Bacco,
dio del vino. A partire dal1573, il papa Gregorio XII istituì la festa della Madonna del Rosario,a
ricordo della vittoriosa battaglia di Lepanto sui Turchi ( 7 ottobre1571).
Questa celebrazione è organizzata dalla parrocchia di S. Domenico con una
processione resa spettacolare dalla partecipazione dei rappresentanti
dell’omonima contrada che, con abiti domenicani e preceduti dal loro gonfalone,
sfilano a cavallo. Il tutto allietato da banda, illuminazione e fuochi
pirotecnici, ingredienti indispensabili di una festa che si rispetti. Subito
dopo la commemorazione dei Defunti, caratterizzata da una corale visita al
cimitero, trasformato in un giardino fiorito ed illuminato dalle lampade che
brillano su quasi tutte le tombe, comincia a diffondersi un’atmosfera d’attesa
e di preparazione al Natale. Si pregusta la gioia della ricomposizione dei
nuclei familiari, che ricompatta la comunità. E’ stata definita la più pagana
delle feste cristiane( Jean Danielou) giacché ricorda le feste pagane del
“Solis Invicti” connesse al solstizio d’inverno. Già il 22 novembre le dolci
note delle pastorali si diffondono per le strade cittadine e introducono alla
magia della grande festa. A partire dal primo dicembre, osservando attentamente
il cielo nei primi 12 giorni del mese, i contadini cercavano di pronosticare
l’andamento climatico dei mesi dell’anno successivo, saltavano il giorno di
Santa Lucia e, a partire dal 14 dicembre, contavano i giorni al contrario cercando, attraverso l’osservazione del
cielo, di ot-
tenere conferma ai pronostici raccolti precedentemente.
Durante la festa di San Nicola e dell’Immacolata,con l’assaggio dell’olio nuovo
attraverso la frittura delle pettole, si
entra in piena atmosfera natalizia e si dà avvio alla preparazione del
presepe,nelle case e nelle chiese, ad esaltazione della sacralità della
famiglia. Al fine di recuperare quest’antica tradizione,che andava scomparendo, soppiantata dall’allestimento dell’albero di
Natale, vengono organizzati concorsi a
premi, per cui in diversi locali del
centro storico è possibile ammirare presepi realizzati in diversi stili, ma
tutti ispirati alle tipologie iconografiche della nostra tradizione
Il ciclo delle feste religiose strettamente connesso,come abbiamo
visto, al ciclo produttivo e affidato alla Provvidenza, insieme all’azione del
sole, delle fasi lunari, del vento, della pioggia, rappresenta una cerniera tra
epoche diverse,in cui affonda la nostra identità.
Domenica Terrusi
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